Un giorno, in occasione di una formazione, ci hanno chiesto di descrivere il corpo in cui ci sentiamo rappresentati attraverso un disegno… Ho iniziato quindi a disegnare un serpente… II serpente quando striscia lascia sempre la scia del suo corpo ed io come lui cerco di lasciare sempre traccia della mia vita, del mio vissuto per testimoniare chi sono. La mia scia sono le mie memorie, scrive Khady Sene in “Storia della mia rinascita”: La donna che sono oggi, di cui sono orgogliosa, lavora alla Caritas Diocesana Foggia-Bovino e si occupa dello sportello Immigrazione. Nella stessa acqua arricchisce il già rilevante fondo archivistico DiMMi contenuto presso l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. Gli scritti qui raccolti sono fonti inestimabili per comprendere la storia contemporanea delle migrazioni attraverso le narrazioni di donne e uomini che volontariamente costruiscono memorie personali, divenute ora collettive. DiMMi crea dunque un archivio di fonti e documenti anche per coloro i quali vivono la condizione di apolide, come nel caso di Laura Soldati in “Migrante nella mia terra”, storia di una donna nata in Italia da madre slovena e cresciuta in Cile: Mi hanno chiesto la carta d’identità, l’ho messa nelle mani del funzionario e ho indicato il luogo dove c’era scritto: nazionalità italiana. Mi ha guardato e mi ha detto di aspettare. È tornato e mi ha detto: non sei italiana, non sei negli archivi. Mi ha guardato con un certo disprezzo e ha detto: ‘Tu, non sei né mosto né limonata’ in Italia regola lo ius sanguini. Nella stessa acqua Khady e Laura hanno navigato con altre donne e uomini, donandoci la loro esperienza di ricerca di uno o plurimi futuri. Nelle due postfazioni, tutta la complessità e ricchezza biografica, storica e politica del percorso di DiMMi. Jasemina Zeqiraj decostruisce gli anni del silenzio linguistico, quando l’ascolto del prossimo e soprattutto di me stessa le hanno dato la possibilità di resistere a tutti i sacrifici umanamente immaginabili in cambio di una vita serena e di come quel silenzio e quella presa di parola facciano di DiMMi uno spazio di rispecchiamento, in cui riconoscersi senza perdere se stessi, nella stessa acqua. Yvette Samnick in “Minga, sogni di donne” ripercorre la propria esperienza di attivismo: ciò in cui crediamo riguarda tutti e per questo abbiamo bisogno che sia affrontato in modo collettivo attraverso reti che integrino tutte le componenti della società. La scrittura non si sostituisce alla politica, ma contribuisce a creare uno spazio che ci consente non solo di parlarci ma anche di ascoltarci, e di costruire.
dalla prefazione di Federica Manzoli e Maria Chiara Rioli