L’indagine sulle modalità di rapporto fra individuo e memoria ha assunto nell’ultimo decennio un’importanza radicale anche nelle dinamiche dell’arte contemporanea. Si avvicendano modelli speculativi e sfide inedite (tra post verità, revisionismi e frammento), che impongono alle tre artiste qui presenti di costruire linguaggi complessi e stratificazioni visive in grado di mettere in relazione presente, passato e futuro. Le opere dentro le piccole celle e poi nelle stanze interne del convento sono tre tipologie di memoria che navigano nelle acque profonde delle emozioni più misteriose. È qui che vediamo quanto sia importante il momento in cui si “sceglie” di affrontare un percorso piuttosto che un altro e quanto conti la decisione estetica e sensibile. È così che la giovanissima Ines Mori sceglie di avvalersi di grandi pennellate di matrice espressionista per attivare la sua esperienza come vettore di scambio ma anche per riflettere sull’archiviazione delle memorie collettive come scopo di un’operazione più ampia. Elena Merendelli con ceramiche e tessuti dipinti nati all’interno di un contesto naturale (perenne riferimento concettuale dell’artista), esplora una continua e sincera scoperta identitaria oltre che la tensione (risultante significativa perché profondamente avvertita) tra disegno e ceramica. Laura Serafini colloca le sue riflessioni al centro esatto della frammentarietà della memoria. Dipinti chirurgicamente chiari ma giustapposti a tramature di strade, sentieri e coordinate geografiche che rimandano al viaggio interiore. Mostra che ci interroga e lascia insicuri su ciò che distingue la memoria dai fantasmi dei nostri ricordi. Opere che ambiscono a contrapporsi cioè al silenzio inconsistente di una contemplazione solo di superficie.