Piazza Plinio Pellegrini
sabato 14 settembre ore 16.00

Tutta la polvere del mondo in faccia

Quando guarire è un atto collettivo

di Paola Tellaroli, vincitrice Premio Pieve 2023
I diari di Pieve, Terre di mezzo, 2024
incontro con Filippo Maria Battaglia, Massimo Cirri e Paola Tellaroli
coordina Sara Ragusa
letture di Donatella Allegro

Paola Tellaroli racconta usando molte metafore, moltissime, senza aderire completamente a nessuna. Sta dentro quello che le è accaduto, porta con sé noi lettori, descrive e dice – di sé, del suo vacillare, dello smarrimento, della fatica immane, dello sfinimento, delle energie ritrovate, dell’andare avanti e dello scivolare, del suo cambiare – senza bisogno di appoggiarsi a un metaforico già depositato. Parla di scarcerazione – mi ha colpito – per raccontare la fine del lungo periodo di riabilitazione in un ospedale al Lido di Venezia, ma dalla metafora della galera non si fa intrappolare. Parla del trampolino della vita, da dove è pronta a tuffarsi e la malattia le bussa alla spalla; di rabbia che sente salire per l’ingiustizia e che la corrode come lava; di come ci si sente in motorino “con il vento tra i capelli e le mani alzate prima dello schianto”. E di lei che “calciando come fossi una bambina l’acqua del bagnasciuga del Lido, calciavo anche quell’ictus un po’ più in là e mi sembrava di essere pronta ad affrontare la mia nuova vita… così splendidamente normale”. Una narrazione dettagliata, minuziosa perché la vita è un incastro di piccoli frammenti. Con il dolore al centro e una nuvola di relazioni, interazioni, scambi che vengono mutati dall’irrompere violento della malattia e continuano a cambiare nel mondo nuovo, da ricostruire, del dopo. C’è, mi sembra, in controluce, sottostante e mai soffocante, il tema del ritorno, l’arrivo a una vita normale dopo un evento sconquassante. Ma anche questo è un filo che si dipana in molti diversi snodi. Filo conduttore che non imbriglia. Perché, mi pare Paola lo dica continuamente, il ritorno non può essere a una dimensione data in precedenza. Il paesaggio è mutato, tocca tornare ma in un posto un po’ diverso. E nessuna vita di prima, vista da vicino, è normale. La scrittura, dice Paola, è uno degli strumenti per cucire quella frattura: “recuperare i pezzi di me e cercare di ricomporli”. Ma poi, alla svelta, si volta pagina.

dalla prefazione di Massimo Cirri