Una prima parte dedicata alla vita da consigliere permanente dell’istruzione nell’Albania conquistata dagli italiani nel 1939. Una seconda che racconta quella di un funzionario fascista disoccupato nella Roma del 1943-44, che assiste alla caduta di Mussolini e all’occupazione dei tedeschi. Il diario di Mario Morandi può essere così sommariamente bipartito e considerato un documento di interesse storico per le cronache e i punti di vista che l’autore esprime. Tirana 22 novembre 1940. Riprendo dopo sette mesi. Molte cose sono successe. La guerra il 10 giugno, la caduta della Francia dopo cinque giorni dalla nostra dichiarazione, le speranze, deluse, di una conclusione in autunno, la resistenza dell’Inghilterra, e ora qui la guerra con la Grecia, iniziata il 28 ottobre. Stanotte Korça è stata evacuata. Anche i territori a sud verso Giannina occupati nei primi giorni sono stati abbandonati. Atmosfera pesante. Vana ridda di accuse. Le responsabilità sono forse troppo in alto perché possiamo rendercene conto. Certo c’è stata una impreparazione e una leggerezza semplicemente incredibili. Roma 17 settembre 1943. È la sconfitta del Regime e anche quella di Mussolini, cioè della debolezza e della superficialità di M., il quale doveva accorgersi dei tradimenti e colpire senza pietà. È anche vero che l’esperimento liberale del 25 luglio-8 settembre è stato più pietoso e fallimentare di quanto chiunque potesse immaginare, ma la responsabilità della pessima forza militare – che è l’unico argomento decisivo – è del Regime il quale ha pagato l’impreparazione, l’incompetenza, l’affarismo, la retorica, l’attivismo idiota di vent’anni di buone intenzioni e di discreti risultati ma di pessima politica interna e internazionale. Si conferma che in tutta Italia i tedeschi si sono impadroniti della situazione con rapidità eccezionale e quasi senza colpo ferire. La divisione Julia e i paracadutisti e parte dell’aeronautica sono con i tedeschi. Radio Londra annuncia che Badoglio viene su da Foggia con 7 divisioni italiane. Sarà vero? Eccoci dunque tra poco alla guerra civile. Quando la voce di Mussolini, liberato dai nazisti, torna a diffondersi nell’etere attraverso la Radio, Morandi scrive Noi ci accorgiamo che questa voce ridesta ancora qualche vibrazione in noi, ma è sentimento per un passato in cui eravamo temuti e onorati, non è ragione. La responsabilità rimane sua ed egli non si potrà più risollevare. È una presa di coscienza, un percorso non dissimile da quello di altri milioni di italiani che nel frattempo iniziano a fare i conti con il nuovo nemico. Se alcuni inclinerebbero per il proseguimento della lotta contro i tedeschi, il comportamento di questi e il loro deliberato proposito di spogliarci di ogni nostro comune avere, e spesso anche privato, le ordinanze colme di minacce, il continuo darci del traditore isteriliscono ogni moto di simpatia. Morandi annota alcuni dei fatti più drammatici che si consumano nella Roma occupata, dal rastrellamento degli ebrei all’eccidio delle Fosse Ardeatine, ma anche episodi meno noti che gettano nuova luce sulle sofferenze inferte alla popolazione romana dalla ferocia dell’esercito occupante, ma anche dalle bombe sganciate dai liberatori. Il suo diario si interrompe il 20 aprile ’44, nel giorno in cui inizia un nuovo lavoro Ho firmato oggi il contratto per la locazione di un negozio per l’apertura di una libreria. Sarà libraio nel dopoguerra e per il resto della vita e come racconta la figlia in una premessa al diario, del suo antico fascismo in casa non si parlava.