Tre date separate da due uguali intervalli di tempo scandiscono questa storia. Nel 1944 l’Italia della Seconda guerra mondiale è un campo di combattimento conteso tra gli occupanti nazifascisti e gli eserciti Alleati che risalgono la Penisola per liberarla. Dalle metropoli ai cascinali più sperduti, ogni centimetro di terra e ogni essere umano conoscono l’orrore della guerra, morte e distruzione.
Così accade anche all’abitato di Pieve Santo Stefano, che nell’agosto di quell’anno l’esercito tedesco in ritirata, dopo averlo minato, rade al suolo. A distanza di 40 anni, nel 1984, come per un gesto riparatore sul quale molto si è scritto, proprio a Pieve Santo Stefano nasce l’Archivio dei diari, fondato da Saverio Tutino per raccogliere e custodire la memoria popolare degli italiani. Una memoria che ha nella Seconda guerra mondiale il suo capitolo più doloroso e voluminoso: migliaia di diari raccontano la vita di chi tra il 10 giugno 1940 e il 25 aprile 1945 ha combattuto in Africa, in Grecia o in Russia, di chi ha conosciuto i bombardamenti e le stragi, i tradimenti e le delazioni, la guerra civile e la Resistenza.
Trascorrono altri 40 anni e oggi, nel 2024, le ragioni per cui è nato l’Archivio trovano la più alta e grave delle espressioni: non un cimitero per i ricordi, ma un vivaio della memoria, così come lo aveva definito Tutino. Per molto tempo, mentre l’Italia rinviava i conti con la sua storia e con le sue responsabilità nella Seconda guerra mondiale, mentre l’Occidente coltivava l’illusione che quella guerra non sarebbe più tornata all’interno dei suoi confini, a Pieve si salvaguardava minuziosamente e quotidianamente un patrimonio di memoria che oggi torna indispensabile. Oggi che le guerre sono di nuovo così vicine a noi tutti, abbiamo un patrimonio di memoria sul quale fare affidamento, forse, per comprendere cosa significherebbe, forse, per impedire che l’accettazione dell’inumano dilaghi, forse, per non replicare gli stessi errori che abbiamo commesso 80 anni fa.
Finalisti 2024
Giuria 2024
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